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Free University of Bozen-Bolzano

Un quotidiano brucia nelle mani del lettore.
L'ostilità verso le classi dirigenti gonfia i populismi in Europa e nel mondo.

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Buongoverno come antidoto al populismo

Un editoriale dei proff. Federico Boffa (Facoltà di Economia) e Giacomo Ponzetto (CREI e Università Pompeu Fabra di Barcellona).

Le grandi democrazie occidentali hanno visto emergere negli ultimi anni partiti e leader con una marcata impronta anti-establishment di stampo populista. In Italia, il Movimento 5 Stelle nacque in aperto contrasto con tutti i partiti che per decenni avevano dominato il panorama politico. Negli Stati Uniti, la retorica di Donald Trump e del suo movimento MAGA (Make America Great Again) è parimenti stata di contrapposizione all’establishment, incluso quello del suo Partito Repubblicano: tanto che l’ultimo presidente repubblicano prima di lui, George W. Bush, non lo sostenne alle elezioni del 2016 e del 2020. L’ostilità verso la classe dirigente caratterizza anche i due schieramenti vittoriosi nelle ultime elezioni francesi, il Rassemblement National a destra e La France Insoumise a sinistra. E questi sono solo alcuni dei tanti esempi possibili.

Che cosa dunque persuade un gran numero di elettori ad abbandonare i partiti tradizionali di centro-destra e centro-sinistra, spingendoli invece alla ricerca di novità politiche contraddistinte da feroci critiche al passato? Da Tangentopoli ai V-Day grillini ed alle promesse trumpiane di “prosciugare la palude” di Washington, la bandiera di chi invoca un rinnovamento radicale della politica è sempre la stessa: la responsabilità della classe dirigente per corruzione e mal governo. Il conseguente malcontento dei cittadini si presta certo ad essere strumentalizzato; ciò non di meno è imprescindibile rilevarne le fondate ragioni.

Lo fa una recente ricerca condotta da chi scrive con Vincenzo Mollisi (Università di Torino), analizzando il ruolo della politica locale. I dati del ciclo elettorale italiano 2013–18 dimostrano che l’esperienza di un’amministrazione comunale meno efficace ha reso i cittadini più propensi a votare per il Movimento 5 Stelle alle elezioni regionali, politiche ed europee.

Per stabilire questo rapporto causale non basta l’immediato paragone dei risultati elettorali e della competenza degli amministratori in comuni diversi. Entrambi potrebbero infatti essere determinati da altri fattori socioeconomici, demografici od ideologici. Per esempio, la debolezza del mercato del lavoro locale potrebbe causare sia la carenza di assessori qualificati sia il successo elettorale del populismo, senza che l’una abbia alcun impatto sull’altro. Occorre pertanto concentrarsi su una variazione pressoché casuale nella qualità del governo comunale.

In Italia, una tale variazione risulta da una caratteristica sorprendente dei compensi degli amministratori municipali. Con la sola eccezione della nostra provincia di Bolzano e di quella di Trento, gli assessori di un comune con 5.001 residenti o più sono pagati oltre il triplo di quelli di un comune con 5.000 residenti o meno. Questa maggior remunerazione riesce ad attrarre assessori più qualificati: per esempio, la probabilità che siano laureati aumenta di 5 punti percentuali. Com’è naturale, non ci sono invece altre differenze sistematiche tra comuni della stessa regione con poco più o poco meno di 5 mila abitanti. La differenza tra gli uni e gli altri può quindi considerarsi causata unicamente dalla competenza dei politici locali.

Documentiamo con diversi indicatori che essa determina, al di sopra della soglia, una maggiore efficacia dell’amministrazione. Dimostriamo quindi che la maggior competenza ed efficacia della giunta comunale causano un declino del voto al Movimento 5 Stelle di circa 3 punti percentuali nelle elezioni regionali e 2 nelle politiche ed europee. A compensarlo è principalmente un aumento del sostegno al governo uscente, che sia di destra o di sinistra.

Questi risultati ci insegnano che il successo dell’anti-politica populista non riflette solamente fenomeni impersonali e mondiali quali la globalizzazione, l’automazione, le crisi finanziarie, l’immigrazione, o il cambiamento di valori e costumi. Benché anch’essi contribuiscano al malessere di molti cittadini, questo riflette altresì dirette responsabilità personali dei governanti, e reagisce anche ai loro effettivi meriti. Il buon governo si rivela dunque un valido antidoto al populismo.

Una seconda lezione concerne l’importanza della realtà locale. Quanto succede a casa nostra, agli sportelli del comune od ai contenitori della raccolta rifiuti, ha un effetto sul comportamento degli elettori che trascende l’ambito municipale. Gli amministratori, anche di piccoli comuni, hanno quindi una grande responsabilità: la fiducia nella politica e nelle istituzioni, e di riflesso le grandi scelte nel mondo, dipendono significativamente dal loro operato.

Federico Boffa, Facoltà di Economia
Giacomo Ponzetto, CREI e Università Pompeu Fabra

Immagine: Elvis Bekmanis su Unsplash.