LocationRoom BZ F0.03, Universitätsplatz 1 - Piazza Università, 1, 39100 Bozen-Bolzano
Departments CC Regional History
Contact Karlo Ruzicic-Kessler
karlo.ruzicickessler@unibz.it
08 Nov 2019 17:30-19:00
Vortrag: L'Italia liberale e la nuova Europa: Questione adriatica e Alto Adige
Luciano Monzali spricht über die italiensiche Politik nach dem Ersten Weltkrieg und die Territorialfragen an der Pariser Freidenskonferenz
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La fine dell’Impero asburgico e la crisi interna russa liberarono l’Italia dalla presenza di antichi rivali nell’area danubiana e balcanica e inaugurarono un’epoca di crescente influenza italiana in tutta la regione. L’Italia ottenne dal Consiglio interalleato il riconoscimento del diritto di occupare i territori promessi dal Patto di Londra; inoltre, le truppe italiane, sole o insieme agli Alleati, in rappresentanza dei vincitori occuparono gran parte dell’Albania, le coste del Montenegro, nonché vasti territori sloveni e austriaci. Ben presto, però, le ambizioni italiane di svolgere un ruolo preponderante nell’Europa danubiana e balcanica si scontrarono con difficoltà e ostacoli. Il vuoto di potere creatosi in Europa centrale e nei Balcani attirò l’attenzione di altre Potenze rivali dell’Italia. La Francia, in particolare, cercò di affermare la propria influenza in questa parte d’Europa, sfruttando con una certa abilità le ostilità che l’espansionismo italiano alimentava in alcune nazioni della regione e il suo superiore potenziale militare ed economico. Riguardo al problema dell’assetto dell’Europa centrale, sul piano generale la diplomazia italiana accettò e favorì il consolidamento dei nuovi Stati nazionali successori dell’Impero asburgico, percependo, però, che l’esistenza di minoranze allogene troppo numerose all’interno di questi Stati avrebbe potuto costituire una grave minaccia per la loro stabilità. Da qui la convinzione della diplomazia italiana che fosse opportuno frenare le eccessive rivendicazioni nazionalistiche polacche, romene, cecoslovacche e jugoslave e evitare draconiane umiliazioni agli Stati sconfitti. Altro elemento caratteristico dell’azione italiana riguardo l’assetto dell’Europa centrale alla Conferenza della Pace fu il favore verso lo stabilimento di frontiere fondate su fattori strategici e geografici, considerati elementi che contribuivano al consolidamento dei confini e alla loro stabilizzazione. In seno alla Conferenza della Pace l’attenzione della diplomazia italiana si rivolse soprattutto alla questione jugoslava. Il dissidio fra Roma e Belgrado sui confini creò un aspro contenzioso fra i due Paesi, alimentato da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, che vedevano con favore il rafforzamento del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, così come della Grecia, in funzione anti-italiana. E’ in un contesto di antagonismo italo-jugoslavo e di cattivi rapporti fra Roma e gli alleati dell’Intesa che prese lentamente sviluppo una politica di attenzione dell’Italia verso il nuovo Stato austriaco. Di fronte alla disgregazione dell’Austria-Ungheria e al delinearsi di forti spinte nelle forze politiche austro-tedesche a favore dell’unione con la Germania, volontà primaria dell’Italia fu di assicurarsi il possesso dei confini ottenuti dall’Intesa nel 1915. L’Alto Adige da richiesta territoriale massimalista e molto ipotetica, prevista dal Patto di Londra del 1915 soprattutto per strategia negoziale, si trasformò dopo la guerra in importante rivendicazione in quanto elemento fondamentale per garantire la sicurezza militare del Paese di fronte all’eventualità della fusione fra la Repubblica dell’Austria tedesca – questo il primo nome del nuovo Stato austriaco, che poi Vienna fu costretta a mutare per imposizione delle Potenze dell’Intesa – e la Germania. E fu proprio l’emergere inquietante della prospettiva dell’Anschluss, con l’esigenza dell’Intesa di ostacolare il rafforzamento strategico della Germania sconfitta, che spiega l’accondiscendenza e la rapidità con cui Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti riconobbero la sovranità italiana sulla parte meridionale del Tirolo. In Italia molti cominciarono a considerare utile l’esistenza di uno Stato austriaco indipendente, sorta di seconda Svizzera, scudo protettivo e barriera fra la Germania e lo Stato sabaudo. Dal timore del nuovo Stato jugoslavo e di un possibile Anschluss derivò anche la decisione italiana di rafforzare il nuovo Stato austriaco difendendolo dalle rivendicazioni jugoslave in Carinzia e Stiria e ostacolando ogni disegno di creazione di un corridoio territoriale fra Jugoslavia e Cecoslovacchia. Elemento di tensione nei rapporti bilaterali italo-austriaci rimase ovviamente la questione dell’Alto Adige, annesso all’Italia contro la volontà della popolazione di lingua tedesca. Ma, nel primo dopoguerra, la politica dello Stato liberale italiano verso i tedeschi dell’Alto Adige non era ancora chiara e definita e sembrava possibile addolcire al governo di Vienna la perdita territoriale tramite la concessione di un regime di larga autonomia ai sudtirolesi.