Un nuovo modo di raccontare la scienza. Il progetto AT-NE-ST nelle scuole di Bolzano
Scoprire come ridurre la realtà a un modello da studiare e capire per mezzo dell’osservazione e dell’uso di metafore e analogie. In pratica, prepararsi a fare lo scienziato o la scienziata affinando gli strumenti immaginativi che già fanno parte del patrimonio cognitivo dei bambini. Quanto prima ci si appassiona alla scienza, meglio è. Se l’esposizione alle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) avviene tra elementari e medie, si raccolgono i frutti migliori e molti decideranno di indirizzarsi verso discipline scientifiche, nel nostro Paese spesso viste e vissute con un misto di reverenza e repulsione. A dimostrarlo la posizione dell’Italia nelle classifiche europee sui laureati e iscritti alle Facoltà scientifiche. Siamo sempre agli ultimi posti e, ciò, in un mondo in cui la tecnologia e la ricerca scientifica giocano un ruolo sempre più importante sia nella società che nell’economia, può compromettere le capacità competitive del Sistema Paese, oltre che lasciare intendere quanto poco ancora la scienza contribuisca allo sviluppo cognitivo e culturale del cittadino. Per questo occorre agire sul versante della scuola. Ed è quello che stanno facendo alla Libera Università di Bolzano.
Il progetto AT-NE-ST, acronimo che letteralmente, in inglese, significa “al nido” e che sta per “Discovering complexity: Advanced technologies for an education in storytelling and systemic thinking” (“Scoprire la complessità: Tecnologie avanzate per un'educazione alla narrazione e al pensiero sistemico”, ndt.) è un progetto che - diretto dai proff. Paolo Lugli, rettore di unibz, e Federico Corni, docente di Didattica della Fisica - coinvolge le due Facoltà di Scienze della Formazione e Scienze e Tecnologie informatiche e che punta a far crescere la passione per le discipline scientifiche nelle nuove generazioni, grazie alla valorizzazione del pensiero immaginativo e alla creazione di nuovi materiali didattici che gli insegnanti, appositamente formati, potranno utilizzare autonomamente durante le ore di lezione a scuola.
Prima di arrivare alla creazione di questa “valigia” di materiali didattici, si pone la necessità di validare ogni attività didattica nella pratica in classe. Fedeli al metodo scientifico, lo hanno fatto e lo stanno facendo due ricercatori di unibz - Leonardo Colletti e Soufiane Krik - proprio nell’ambito del progetto AT-NE-ST. Una prima fase del progetto ha coinvolto le scuole primarie “Dante”, “Don Bosco” e “Marcelline”. Nei giorni e nelle settimane scorse, è toccato alle scuole medie “Archimede”.
Colletti e Krik, armati di tubi, sensori, cavi, multimetro, schede elettroniche dotate di microcontrollori e modellini in legno di edifici, sono andati nelle classi delle scuole elementari e medie del capoluogo, per accompagnare alunne e alunni in un percorso esperienziale di scoperta di alcuni concetti della fisica e dell’elettronica. “In pratica abbiamo proposto ad alcune classi primarie della città un percorso sul concetto di circuito - meccanico, idraulico, elettrico - con materiali specifici progettati e realizzati per l’occasione”, spiegano, “nella scuola Archimede, invece abbiamo realizzato una serie di piccoli esperimenti sul tema energia e ambiente e, in particolare su calore, temperatura e umidità in diverse condizioni ambientali e con diversi materiali.” L’approccio adottato dai due ricercatori punta a familiarizzare i bambini con le nuove tecnologie elettroniche e a sollecitarne le capacità di astrazione attraverso il linguaggio narrativo, basato su analogie e metafore che spesso, anche senza rendercene conto, utilizziamo per dare un significato alle nostre esperienze.
“Con dei sensori sviluppati ad hoc abbiamo misurato insieme alcune grandezze fisiche come temperatura, umidità e intensità luminosa negli edifici in miniatura”, precisano Colletti e Krik, “l’idea è di accompagnarli e permettere loro di svolgere un esperimento su un oggetto, modellizzando una situazione riscontrabile nella realtà, con un grado di complessità via via crescente”. In pratica, gli alunni e le alunne sono invitati a comportarsi come dei veri e propri scienziati che scelgono delle variabili da osservare e, di conseguenza, costruiscono un modello per studiarle.
La risposta degli ingegneri e matematici di domani, è tutta nel silenzio e nell’interesse con cui la classe 1° G delle scuole “Archimede” partecipa agli esperimenti proposti da Colletti e Krik. “La prima parte del progetto, dedicata alla primaria, si è conclusa. Abbiamo già presentato gli esiti in un paio di pubblicazioni, in una conferenza internazionale e a un convegno nazionale. Adesso stiamo terminando la seconda fase del progetto, con ancora qualche classe da coinvolgere in primavera”, concludono, “mentre la terza e ultima fase consisterà in una riflessione sull’attività svolta e l’elaborazione delle risposte al questionario sottoposto ai ragazzi delle medie. Una volta completato questo passaggio, anche grazie al prezioso supporto e feedback dato dalle insegnanti coinvolte, avremo selezionato le azioni e i materiali che riteniamo didatticamente più validi e potremo metterli a disposizione dell’intendenza scolastica per le lezioni nelle scuole”.
(zil)